
Il “Caffè 21 Marzo”, il “bar della speranza”, nato a Battipaglia in un locale confiscato alla camorra, riaprirà la serranda dopo che la burocrazia l’ha condannato ad una lunghissima inattività: a salvarlo è stata una cordata di associazioni che ha visto in prima fila le Acli di Salerno.
Finalmente, a Palazzo di Città è stata firmata la determina d’aggiudicazione del bando all’unico gruppo che ha fatto domanda per l’assegnazione: la cooperativa sociale “Freedom”, costituita dagli stessi ragazzi che nel 2015 si erano federati nell’associazione “P’o ben r’o Paes”.
Il Caffè21marzo 2.0 oggi riprende il via con un nuovo partenariato che annovera, oltre alle Acli provinciali di Salerno, il Circolo Legambiente Battipaglia-Bellizzi, il Gruppo Agesci-Battipaglia 1 e l’Associazione San Filippo Neri.
Una filiera di soggetti del privato sociale, che, nel corso di questi anni, hanno collaudato sinergie e collaborazioni importanti.
Sono passati 206 giorni dal giorno in cui il bar aveva dovuto chiudere i battenti a causa della scadenza della concessione triennale prevista nel bando di gara del 2015.
In attesa dell’aggiudica definitiva per stipulare la concessione, una cosa pare certa; il Caffè 21 Marzo, che aveva dato lavoro a molti ex detenuti, tornerà a vivere.
“La legalità – dichiara il Presidente delle Acli di Salerno Gianluca Mastrovito – ha vinto. Abbiamo aspettato a lungo, ma oggi questo provvedimento non solo restituisce alla città un bene comune ma riafferma il principio che è importante condurre battaglie di civiltà e legalità“.
“Dopo questo successo – prosegue Mastrovito – si rafforza l’impegno delle Acli a sollecitare il Governo a rivedere posizioni, come l’art. 36 del Dl Sicurezza, che suonano come una resa dello Stato di fronte alle difficoltà del pieno ed effettivo riutilizzo sociale dei beni confiscati. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui sono stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, rischia di avere un effetto dirompente e dissacrante sulla credibilità delle Istituzioni”.
Il «bar della speranza», come lo definì don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nel giorno dell’inaugurazione, non è morto.