
E’ scomparso Geo Brenna, storico dirigente delle Acli degli anni ’60 e ’70.
Brenna già nel 1966 è direttore dell’Ufficio studi della sede nazionale sotto la presidenza di Livio Labor.
Nel luglio del 1968 è tra i fondatori dell’Iref, l’istituto di ricerca delle Acli, di cui diventa segretario generale affiancando il primo presidente Gennaro Acquaviva.
Nei primi anni ’70 Brenna, che è vicepresidente nazionale delle Acli, è tra i protagonisti dell’acceso confronto tra Acli e Cei che porterà alla deplorazione papale. Brenna è uno dei tre componenti (insieme ad Emilio Gabaglio e Maria Fortunato) della delegazione delle Acli che lavorerà con quella della Cei per affrontare le prime questioni di incomprensione.
E’ anche uno dei protagonisti del convegno di studi di Vallombrosa dell’agosto 1970 che, con la cosiddetta “ipotesi socialista”, provocherà la rottura definitiva dei rapporti con la Chiesa e le inevitabili ripercussioni sia a livello centrale che periferico.
Nella stagione che segue alla deplorazione di Paolo VI, Geo Brenna resta a capo della “sinistra interna” delle Acli con la corrente “Autonomia delle Acli per l’unità della classe operaia”. La sua sarà una opposizione ferma e rigorosa nei confronti del nuovo corso aclista che, dopo il congresso di Cagliari dell’aprile 1972, porta alla presidenza nazionale Marino Carboni in sostituzione di Emilio Gabaglio.
Brenna, proprio insieme a Gabaglio, è anche tra i fondatori della storica editrice Coines, acronimo di “Comaschi in esilio”.
Pubblichiamo di seguito alcuni interventi di ricordo: “Salutiamo con affetto il prof. Brenowski“ di Tarcisio Barbo, “La figura, i tempi, i fili di un pensiero“ di Renzo Salvi, “Pagò di persona la sua coerenza“ di Fabio Marchetti, “Una formazione rigorosamente cristiana“ di Pietro Praderi.
“Salutiamo con affetto il prof. Brenowski“
di Tarcisio Barbo
Era da tempo che non lo vedevo e non sapevo come fare a contattarlo per rispondere ai tanti compagni aclisti che mi chiedevano di lui. Un paio d’anni fa l’ultima a Roma ma solo di sfuggita: neanche il tempo di salutarci.
Il Presidente Labor lo aveva presentato nel corso dell’assemblea dei gruppi di fabbrica convocata a Genova nel 1961. Stava parlando e interrompendo il suo discorso esclamò: “salutiamo con affetto il prof. Brenowski che aiuterà il nostro Movimento nell’arduo compito di componente del movimento operaio italiano”. Ci voltammo e per la prima volta prendevamo contatto con l’uomo che è stato senza alcun dubbio la mente della elaborazione culturale più alta che le Acli hanno saputo esprimere nella loro ormai ottantennale storia. Livio aveva sempre modo di caricare in modo originale un evento in modo da incuriosire e sorprendere.
Poi Geo è diventato capo dell’ufficio studi e della formazione. Scuola centrale, corsi di studio, convegni nazionali, gli appuntamenti di Vallombrosa lo trovarono sempre protagonista indiscusso e apprezzato. Il carattere non favoriva la mediazione, ma sapeva coinvolgere e convincere. Aveva una mente straordinariamente competente ed aperta.
Anche nei momenti del confronto più serrato sia nel Movimento come fuori (indimenticabile quello con i vertici della Cei nel periodo in cui per le scelte di autonomia i rapporti si fecero più tesi) nessuno metteva in dubbio la sua coerente impostazione culturale e conseguentemente politica che comportava lo stare con la classe operaia, con i lavoratori.
Era molto amato dai Giovani Aclisti di allora ma direi che l’intera classe dirigente delle Acli lo apprezzava molto aldilà delle componenti che si misuravano al congresso e che erano dialetticamente molto coinvolte. Ormai l’età non mi facilita ricordi particolari: momenti di grande condivisione e amicizia, si. Particolarmente faticosa la scelta di chi sarebbe succeduto a Labor tra lui e Gabaglio che premiò quest’ultimo.
Diventato io presidente delle Acli di Trieste chiesi ed ebbi la sua collaborazione attiva su una ricerca, avviata dall’indimenticabile mio predecessore Mario Paron, sulle condizioni lavorative delle dipendenti degli studi dei liberi professionisti. Fu un lavoro generoso e unico nella storia tutta particolare del sindacalismo triestino.
La notizia della sua scomparsa rattrista sinceramente tanti di noi. Ha dato tanto ai lavoratori lui che era uno studioso dell’economia e del mondo del lavoro fino all’ultimo, dedicandosi alle categorie sindacali della Uil, dopo l’esperienza aclista, sempre contrassegnata da questa sua passione formativa.
Ciao Geo. Adesso ritroverai Livio e pur litigando, ricordati anche di noi.
La figura, i tempi, i fili di un pensiero
di Renzo Salvi
Politiche, teoriche, teologico/ecclesiali o casuali che fossero, le chiacchierate (o conversazioni o confronti) con Geo Brenna – che oggi ha raggiunto l’ultima dimora terrena – avevano il carattere della particolarità, dell’anomalia rispetto alle narrazioni correnti, pur fondate, del lampo intuitivo e del punto di vista non consueto. Si discuteva, si poteva discutere, si doveva… e alla fine comunque se ne traevano intuizioni interpretative.
La tendenza cristiano-sociale del Paese e la Chiesa stessa senza quegli sguardi sono oggi più povere: e questo anche se da tempo la sua parabola pubblica si era acquietata nell’età – 89 ormai gli anni – e in qualche malanno, e in una scelta di non voler permanere sul fronte attivo della cultura e del sociale, ai quali molto aveva pur dato in un lungo percorso, dopo che tanto erano mutati, nello smarrimento, i paradigmi della sua militanza.
La sua crescita nelle Acli comasche era stata sotto l’ala – sempre discutendo – di presidenti come Marazzi e Leoni, in parallelo con quella del (poco più giovane) Emilio Gabaglio. Nella successione a Livio Labor, altro loro mentore e guida, nelle Acli nazionali Emilio Gabaglio sarebbe divenuto Presidente e Geo Brenna uno dei vicepresidenti.
Era un tempo da “cristiani di papa Giovanni”, conciliari, votati al confronto – in campo aperto: titolo editoriale di Labor – come laici christifideles, capaci di scelte e di opzioni autonome in campo sociale, culturale ed anche politico. Era un tempo da “cattolici di Gramsci e delle lotte” (titolo nostro). Era un tempo preparato e fatto crescere, dentro le Acli nazionali, con Geo ai settori formativi ed all’Ufficio studi.
Le responsabilità di orientamento formativo, ad opera di Geo e di molti altri, seguivano e sperimentavano l’inveramento sociale e associativo delle prospettive conciliari: quelle, soprattutto, di un laicato adulto, maturo, capace di dialoghi alla pari e di una fusione creativa con altre culture e tendenze e ispirazioni purché mirate alla promozione umana e di popolo: purché schierate in termini di classe e col movimento operario (d’allora).
Quel tempo, quei processi sarebbero stati colpiti da una Chiesa, soprattutto italiana, che con i segni dei tempi – nonostante Roncalli e nonostante Montini – non amava fare i conti davvero. Quel gruppo aclista venne disperso. Quella tendenza, pur solo nell’immediato, venne anche sconfitta nell’agone politico del 1972: le elezioni della scheda nera cancellarono MPL (di Labor), Psiup (di Basso) e il Manifesto (di Magri, Rossanda, Pintor).
Con Geo impegnato professionalmente – anche il lavoro si può perdere per ostracismo – nella Uil i rapporti, soprattutto di Giovanni Bianchi, proprio da quell’anno presidente regionale delle Acli lombarde non cessarono mai. E per questa via, sempre per interposta persona, seguitarono con le Acli (anche) nazionali; non molto in chiave associativa, insomma, e spesso nell’informalità più completa, persino con gran conversazioni appoggiati ad una panchina nei Giardini della Guastalla, milanesi, così vicini agli insediamenti aclisti di via Della Signora; talvolta con terzo dialogante e/o incomodo chi, adesso, qui ne scrive.
Che quei dialoghi con Giovanni, tornati ora, per Geo, a tu per tu, continuino e magari, diversamente da allora, ci ispirino pensieri, fa parte di quella “certezza di cose sperate” che fonda fede cristiana.
Pagò di persona la sua coerenza
di Fabio Marchetti
Geo fu per me, giovane universitario sessantottino che dopo una vita in Giac, era approdato alle Acli di Labor, un punto di riferimento certo.
Era di una intelligenza e di una cultura non comune, che ti impegnavano duramente quando ti confrontavi con lui. Si sviluppò subito tra noi una bella e duratura amicizia. Quante giornate passate assieme in appassionate discussioni anche con Angelo Gennari, talvolta Emilio Gabaglio e Maria Fortunato tra le scansie della Coines editori a Roma.
Pagò di persona la sua coerenza ed il suo impegno di credente in politica e nel sociale. Erano tempi di aspri scontri e dure battaglie. Quando con Maria Fortunato illustrò alla Cei le ragioni teologiche e conciliari che sottostavano alla cosiddetta “scelta socialista” si sentì ribattere dai vescovi che, insomma, non importavano nulla visione ecclesiale ed evangelica. La cosa importante era politica: voterete Dc o Psi?
Fu licenziato dalle Acli di Roma. Le Acli di Trieste decisero di aiutarlo ed io personalmente andai a Roma a consegnargli (in quella che oggi su chiama galleria Sordi) il nostro sostegno economico per lui e la sua famiglia in quella sofferta circostanza .
Non è stata né la prima né l’ultima volta che le Acli di Trieste tentarono di praticare il Vangelo nel quotidiano…
Un abbraccio ed una preghiera. Ciao Geo.
Una formazione rigorosamente cristiana
di Pietro Praderi
Da presidente delle Acli Milanesi e poi come dirigente nazionale delle Acli ho vissuto con Geo vicende esaltanti e al tempo stesso impegnative.
Geo al di la delle posizioni di sinistra da lui scelte, dal mio punto di vista, come reazione a comportamenti e scelte ritenute opportuniste, possedeva una formazione culturale e religiosa rigorosamente cristiana. A memoria aveva un raccolto di stima e collaborazione iniziale con Don Brusadelli, direttore del giornale “L’Ordine” della Diocesi di Como.
Nelle vicende tumultuose intervenute dopo la “deplorazione” di Paolo VI come rappresentante delle Acli milanesi partecipai di persona all’incontro di Brescia indetto per costituire una componente di sinistra critica nei confronti della maggioranza delle Acli nazionali, motivando le ragioni per le quali non aderivo. Ebbi una reazione fortemente polemica da parte dei presenti e subito abbandonai la riunione. Seppi poi che Geo intervenne subito per difendermi, chiarendo che apprezzava il dato che io mi ero presentato di persona per dire il no, a differenza di altri che si guardavano bene dal presentarsi in modo trasparente.
Geo Brenna soffriva nelle vicende del Movimento Aclista fino ad ammalarsi e infatti ebbe un malore in una riunione della presidenza nazionale. Alla ripresa mi offri un pranzo a Como per cercare la collaborazione che io ero pronto a riprendere. Collaborai con lui fino a quando abbandonò il ruolo di dirigente nazionale.
Un caro amico giovane, nel darmi la notizia della morte di Geo, lo ha indicato come “quello della ipotesi o scelta socialista”. Sono testimone che Geo, da componente la presidenza nazionale delle Acli, non fu affatto fra gli elaboratori o sostenitori della proposta. Il percorso scelto era promosso da altri soggetti e sposato dal presidente Gabaglio.
Nel comitato nazionale l’opinione che si era formata era che nel fare il convegno di Vallombrosa, dopo il congresso nazionale di Torino sull’autonomia, si presentava l’opportunità di elaborare la proposta di un socialismo dal volto umano, nell’attesa di un pronunciamento, con enciclica, di Paolo VI aperto a questa prospettiva.
Sul versante delle Acli, purtroppo, l’ipotesi socialista creò una crisi interna dirompente e la scissione.
Personalmente, in presenza del cardinale Colombo di Milano e dell’assistente, il compianto mons. Sandro Mezzanotti, ebbi modo fare presente la nostra posizione con Paolo VI., Le Acli Milanesi, ad un convegno a cui era presente il presidente nazionale, si erano dichiarate contrarie alla scelta socialista puntando sull’autonomia e la scelta del sociale.
Paolo VI mi disse in modo accorato che la causa della deplorazione non era la scelta socialista ma la confusione, cosa che era vera.
Nei fautori di questa confusione ci furono gli apprezzamenti al Pci espressi dai dirigenti nazionali e riferiti strumentalmente all’autorità ecclesiale, il passaggio affrettato e ostentato dalla “ipotesi socialista” come tema di studio alla “scelta socialista” come nuova scelta di campo.
Su questo terreno l’amico Geo non ebbe parti attive. Certo nella commissione mista Acli-Cei sui problemi creati del convegno Geo Brenna, sul tema della socializzazione dei mezzi di produzione, assunse posizioni rigide, ideologiche, che preoccupavano i vescovi pur disposti alle mediazioni fondate sul buon senso.
A livello scientifico Geo Brenna coltivava una competenza elevata sui temi economici, come formatore era cercato e apprezzato, i suoi interventi erano graditi come esercizio di liturgia della intelligenza.
Nella Comunione dei Santi, caro Geo, continuiamo il dialogo e l’amicizia con te.